venerdì 20 novembre 2009

Le scuse per Hiroshima

Intervento pubblicato dal quotidiano "Il Secolo XIX". Cfr. Cristiano Martorella, Il Nobel Barack non ammette l'orrore di Hiroshima, in "Il Secolo XIX", giovedì 19 novembre 2009, p.22.

Il Nobel Barack non ammette l'orrore di Hiroshima

Nonostante il clima di distensione, e il premio Nobel vinto per la pace, Barack Obama non riesce a fare un passo indietro ammettendo la gravità dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Le autorità giapponesi avevano suggerito quanto fossero ritenute opportune le scuse per un atto che storicamente appare simile ad altri crimini di guerra, nell'evidenza dello sterminio di massa indifferenziato. Ma la storia è sempre scritta soprattutto dai vincitori, e ciò impedisce di far emergere i fatti piuttosto che le interpretazioni politiche. Negli Stati Uniti ancora vige una versione storica che considera i bombardamenti atomici del Giappone come necessari per evitare una strage di truppe americane in un eventuale sbarco. Questa giustificazione è falsa. I bombardamenti atomici furono un test per valutare l'effettiva potenza e la possibilità di utilizzo delle armi nucleari, e nello stesso tempo un avvertimento per la crescente potenza sovietica. La giustificazione del bombardamento atomico è stata supportata per anni da una mistificazione di regime che ha sempre ridicolmente descritto i giapponesi come ostinati combattenti pronti a morire tutti pur di non arrendersi. Sappiamo invece da numerosi documenti che le autorità politiche giapponesi erano consapevoli di aver perso la guerra e cercavano semplicemente una resa dignitosa. Però le trattative per una resa non furono facilitate dagli Stati Uniti che pretesero l'umiliazione del Giappone con una resa incondizionata e l'occupazione militare del paese. Il Giappone perse la sua indipendenza e ritornò un paese sovrano soltanto nel 1952. I territori del Giappone furono drasticamente ridimensionati sottraendo tutte le zone acquisite dopo il 1895. Anche Okinawa divenne una regione ad amministrazione fiduciaria americana, e alcune isole a nord dell'Hokkaido furono cedute all'Unione Sovietica. Il Trattato di San Francisco del 1951, e il suo rinnovo a Washington nel 1960, pose delle condizioni molto limitanti per il Giappone, e sancì una subordinazione politica del Giappone alla potenza militare americana. Gli scontri violentissimi fra manifestanti e polizia che si ebbero nel periodo della firma dei trattati furono sostenuti sia dall'estrema sinistra sia dall'estrema destra, in un clima di generale insoddisfazione della popolazione. Tutto ciò non può essere dimenticato e cancellato. Gli Stati Uniti possono e devono fare un passo indietro per vedere la storia del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki senza più usare le lenti distorcenti della politica.
Cristiano Martorella

venerdì 13 novembre 2009

Le difficoltà economiche

Lettera pubblicata dal quotidiano "Il Sole 24 Ore".

Cfr. Cristiano Martorella, Difficoltà economiche, in "Il Sole 24 Ore", venerdì 13 novembre 2009, p.18.

Difficoltà economiche
La crisi sta peggiorando, e non è affatto finita come dicono alcuni politici interessati più alla propaganda che agli effettivi problemi degli italiani. L'Istat comunica che a settembre la produzione industriale italiana è crollata diminuendo del -5,3% rispetto al mese precedente, e del -15,7% su base annua. Un tracollo che descrive con i numeri lo sfacelo dell'industria e le difficoltà delle aziende. La crisi peggiora e i dati lo dicono chiaramente. Il silenzio del governo sull'emorragia della disoccupazione è un altro grave e preoccupante indizio dell'immobilismo della politica. Senza produzione non c'è reddito, e senza reddito non ci sono consumi.
Cristiano Martorella

domenica 8 novembre 2009

Innovazione prioritaria

Lettera pubblicata da "Il Sole 24 Ore".

Cfr. Cristiano Martorella, Primo, innovare, in "Il Sole 24 Ore", sabato 13 dicembre 2008, p.14.

Primo, innovare
Negli ultimi decenni le aziende hanno realizzato profitti abbassando il costo del lavoro, ovvero i salari, e rinunciando all'investimento nell'innovazione tecnologica. Adesso la crisi impone di rivedere questo modello e invertire la tendenza. Bisogna innovare e ristrutturare migliorando le tecniche produttive. Il modello industriale italiano è attualmente incapace di reagire alla crisi e necessita di un profondo cambiamento.
Cristiano Martorella


Cfr. Cristiano Martorella, Primo, innovare, in "Il Sole 24 Ore", sabato 13 dicembre 2008, p.14.

Il modello industriale italiano

Lettera pubblicata dal "Corriere della Sera".

Cfr. Cristiano Martorella, Il modello industriale, in "Corriere della Sera", sabato 13 dicembre 2008.

Il modello industriale
Negli ultimi decenni le aziende hanno realizzato profitti abbassando il costo del lavoro, ovvero i salari, e rinunciando all'investimento nell'innovazione tecnologica. Adesso la crisi impone di rivedere questo modello e invertire la tendenza. Bisogna innovare e ristrutturare migliorando le tecniche produttive. Il modello industriale italiano è attualmente incapace di reagire alla crisi e necessita di un profondo cambiamento.
Cristiano Martorella

Proposte positive

Lettera pubblicata dal "Corriere della Sera".

Cfr. Cristiano Martorella, Proposte positive, in "Corriere della Sera", martedì 2 dicembre 2008, p.39.

Proposte positive
Molti si lamentano della mancanza di proposte positive per reagire alla crisi, e accusano l'eccessivo pessimismo di creare un clima sfavorevole. Allora, se vogliamo concretamente fare qualcosa di utile, bisogna ricordare che dalle crisi economiche si è usciti in una sola e unica maniera: innovando e ristrutturando. Mi sembra, invece, che nessuno stia parlando di innovazione tecnologica, e ci stiamo illudendo che la crisi passerà senza fare niente.
Cristiano Martorella

Crisi economica come epifenomeno

Lettera pubblicata dal quotidiano "Metro".

Cristiano Martorella, Crisi economica? E' l'epifenomeno, in "Metro", venerdì 10 ottobre 2008, p.19.

Crisi economica? E' l'epifenomeno
Ma quale crisi finanziaria? Il ministro Tremonti dovrebbe smetterla di vantarsi di aver previsto la crisi economica se non ne ha ancora compreso bene le origini. La crisi che stiamo attraversando non è soltanto il prodotto degli eccessi della speculazione. Niente affatto. La crisi finanziaria è soltanto l'epifenomeno di una crisi strutturale creata dall'eccesso di produzione rispetto alle possibilità economiche dei singoli cittadini. Sappiamo tutti benissimo che le possibilità economiche della classe media mondiale si sono gravemente ristrette. Questo è accaduto perché si sono emanate leggi a favore delle aziende che hanno sovvertito i normali rapporti di produzione e di lavoro. Il problema più grave è nel mercato del lavoro e nell'attuale sistema di produzione. Non si deve far credere che la crisi sia ristretta alla finanza e che esista un'industria sana. Questa è una menzogna.
Cristiano Martorella

Crisi strutturale

Lettera pubblicata dal "Corriere della Sera".

Cfr. Cristiano Martorella, Crisi strutturale, in "Corriere della Sera", lunedì 30 giugno 2008.

Crisi strutturale
Sappiamo bene quali sono le anomalie dell'economia italiana che ne hanno determinato la gravissima crisi strutturale. Esse sono la rigidità del mercato, la scarsissima mobilità sociale, la mancanza di concorrenza, i privilegi di alcune categorie, la bassa innovazione tecnologica, il debole coinvolgimento dei giovani nel mondo del lavoro, la compressione dei salari per abbassare i costi, e quindi i redditi insufficienti. Bisogna intervenire su questi fattori economici fra loro correlati per cambiare rotta al Paese.
Cristiano Martorella

venerdì 6 novembre 2009

I mercati restano senza regole

Lettera pubblicata dal quotidiano "La Stampa".

Cfr. Cristiano Martorella, I mercati restano senza regole, in "La Stampa", lunedì 31 agosto 2009.

I mercati restano senza regole
La complessità della crisi fu sottovalutata nel 2007 quando incominciò ad apparire nei mercati americani; lo fu anche quando si manifestò negli altri paesi occidentali. Niente è stato fatto per porre regole ai mercati finanziari, nonostante le prediche quasi noiose e moralistiche al riguardo. E soprattutto non ci sono stati cambiamenti di genere sociale e comportamentale. Sorprende soprattutto l’atteggiamento antiquato di concepire le economie nazionali come isolate e indipendenti dal contesto mondiale. Ciò che preoccupa maggiormente della crisi è quest’incapacità dei politici di vedere il XXI secolo come un’era nuova, mentre domina l’ostinazione a usare schemi concettuali che sono stati all’origine della crisi. Se continuiamo a ripetere le stesse azioni che hanno provocato il disastro che conosciamo, come potremo mai uscirne fuori?
Cristiano Martorella

mercoledì 4 novembre 2009

La crisi economica mistificata

Lettera pubblicata dal quotidiano "Il Secolo XIX".

Cfr. Cristiano Martorella, La crisi dell'economia mistificata dai politici, in "Il Secolo XIX", martedì 21 luglio 2009, p.16.

La crisi dell'economia mistificata dai politici
Non c'è alcuna corrispondenza fra ciò che sta accadendo nell'economia reale e ciò che raccontano i politici. Il fatturato dell'industria italiana è calato a maggio del -25,3% su base annua, e -1,1% rispetto al mese precedente. Nel settore automobilistico il calo del fatturato è stato del -29,5%, con un calo degli ordinativi del -39,9%. Ciò dimostra che siamo ancora nel pieno della crisi che non è affatto alle nostre spalle. Il peggio non è passato, ma è davanti a noi. La crisi non sarà superata senza fare niente. L'idea di fondo che la crisi economica sia un fenomeno ciclico e che quindi sia destinata a finire è viziata da una visione miope. I cicli economici, infatti, non hanno solo una breve durata, ma anche una durata lunga come il ciclo di Kondratieff. Questi cicli più lunghi possono avere una lunghezza di trent'anni e di più. Un ciclo economico dipende dalle scelte e dai comportamenti degli attori sociali che determinano le condizioni economiche. L'immobilismo italiano, cristallizzato nell'idea che sia sufficiente l'ottimismo per avviare una fase positiva di crescita, sta creando le condizioni di un declino inesorabile. Davanti alla crisi economica si doveva reagire con riforme strutturali che tenessero conto dei gravissimi problemi del Paese: la generazione dei giovani penalizzata da un mercato del lavoro troppo precario, un sistema di infrastrutture fatiscente, la dilagante ignoranza dovuta a un sistema scolastico in rovina, la mancanza di libertà nel mercato che è ormai controllato da pochi monopoli privati. Invece di affrontare queste emergenze reali, il governo si trastulla in una regressione infantile dando la caccia ai clandestini e giocando alle ronde. Questo momento storico passerà alla storia perché è l'apice dell'evidente incompetenza della classe politica italiana incapace di affrontare i problemi del Paese.
Cristiano Martorella

Occhi bendati sulla crisi

Lettera pubblicata dal quotidiano "Il Sole 24 Ore".

Cfr. Cristiano Martorella, Occhi bendati sulla crisi, in "Il Sole 24 Ore", domenica 30 agosto 2009, p.10.

Occhi bendati sulla crisi
La complessità della crisi fu sottovalutata nel 2007 quando incominciò ad apparire nei mercati americani, lo fu anche quando si manifestò negli altri paesi occidentali. Sembrerebbe che politici e analisti non abbiano imparato nulla da questi due anni di recessione. Infatti si continua a sostenere che si possa superare la crisi senza una riforma strutturale profonda in tutte le economie avanzate. Niente è stato fatto per porre regole ai mercati finanziari, nonostante le prediche quasi noiose e moralistiche al riguardo. E soprattutto non ci sono stati cambiamenti di genere sociale e comportamentale, continuando a sostenere un'economia di tipo consumistico che è l'eredità di una concezione passata inadeguata ai tempi che viviamo. Sorprende soprattutto l'incapacità di vedere i fenomeni globalmente e complessivamente, e l'atteggiamento antiquato di concepire le economie nazionali come isolate e indipendenti dal contesto mondiale. Ciò che preoccupa maggiormente della crisi è questa incapacità dei politici di vedere il XXI secolo come un'era nuova, mentre domina invece l'ostinazione a usare schemi concettuali che sono stati all'origine della crisi. Se continuiamo a ripetere le stesse azioni che hanno provocato il disastro che conosciamo, come potremo mai uscirne fuori?
Cristiano Martorella